sabato 29 agosto 2009

Serata a La Petite Italie

Come avevo annunciato, giovedì sera Nicolas, il figlio di Sandra, padrona di casa italoamericana (di origine calabrese) di Mitch e Elise, ci ha portato a mangiare la pizza alla Petite Italie! La visita a questa parte merita a mio parere una nota a parte perchè è stato un po' surreale.
Dove abbiamo parcheggiato la macchina c'erano almeno due chiese, e un parco giochi per bambini con al centro il busto di Dante Alighieri. Eravamo, appunto, in Rue Dante. La zona, che ha anche una sua porta simbolica come quelle delle Chinatown, è ovviamente piena di caffè italiani, pizzerie e ristoranti. Niente di turistico, però. I negozi sono gestiti da italiani per italiani, con prodotti di marche italiane come quelle che possiamo trovare al mercato noi, importati o prodotti in Canada da aziende italiane (sapevate che la Santa Lucia ha una sede qui?). Giusto i ristoranti sono un'attimo turistici, e quello dove siamo andati non faceva eccezione.
Si chiama "Pizzeria Napoletana- depuis 1949" e all'interno a decorare i muri sono poster artistici su artisti e personaggi ua raga, quali Sophia Loren, Totò, Troisi e anche Maradona. Pizza buona, un po' troppo saporita, l'ambiente era il posto più rumoroso in cui sia mai stata. Le due tavolate che ci affiancavano erano occupate da famiglie di chiara discendenza italiana. Decisamente diverse quanto a abbigliamento e portamento, erano però il riflesso di certe immagini dell'Italia e degli Italiani che circolano in giro per il mondo. La prima sembrava uscita di casa dall'appartamento di sopra senza avere fatto il minimo sforzo di mettere un abbigliamento meno casalingo, ed era rumososa quanto un'intera scolaresca. La seconda famiglia era invece decisamente overdressed. Tutti completamente vestiti di nero, sembravano usciti dritti dritti dal Padrino, come ha detto Mitch. Dopo che entrambe le due famiglie se ne sono andate penso che il livello di rumore sia calato di quei 90 decibel (quanto un frullatore, per capirci). Ho anche notato che molti ordinavano cappuccino dopo il pasto, quindi non mi meraviglierò mai più delle abitudini caffeiniche dei tedeschi.
Pizzeria a parte, il buon Nicolas mi ha raccontato un po' di cose sulla comunità italiana qui. Avevo già notato in aeroporto che la gente parlava dialetto italiano misto a inglese o francese, e che i ragazzini erano stupiti dalla guida disinvolta dei loro coetanei in Italia. Nicolas mi ha raccontato che qui tutti i bambini italiani sono obbligati a frequentare 3 ore di scuola italiana il sabato e la domenica, per imparare l'italiano. Lui dice di riuscire a comprendere l'italiano ma non a esprimersi troppo bene, sua mamma parla solo dialetto invece. Mi raccontava anche che il su amico di origine libica (immigrati italiani e mediorientali/magrebini qua vanno a braccetto) l'ha invitato più volte ad andare con lui in Libia ma che non ci va perchè ha un po' paura, "also Italy is already a bit reckless for me"! Dopo la pizza siamo andati al "Caffè Italia", un bar abbastanza storico della comunità italiana di Montréal (c'è stato anche girato un film che mi procurerò a breve) dove vendono succhi santal e schiuma da barba proraso, con appesi al muro milioni di poster della Ferrari e di vecchie nazionali italiane, foto e articoli sui festeggiamenti per i mondiali dell'82 e una cartina dell'Italia di quelle vecchissime in rilievo che l'ultima volta che le ho viste ero alle elementari. Non ho controllato ma capace che Abruzzo e Molise fossero ancora una sola regione. Ho notato anche che in tutti i bar di Little Italy tra i dolciumi c'è sempre del panettone -già a fette, come pasta da colazione da mangiare col caffè. La serata si conclude dopo un paio di partite a biliardino e un gelato buonissimo fatto però da un francese.
Mi ha colpito questo pezzo di Italia all'estero, ma soprattutto vedere come, tra tanti che avrebbero potuto diventarlo, siano state certe tradizioni e certe passioni a diventare simboli dell'Italia nel mondo, e un punto di aggregazione per emigranti italiani che vengono da regioni diverse. Ma non solo, perchè, per quel poco che ho potuto vedere, da punto di incontro delle prime generazioni e simboli dell'Italia per gli stranieri, mi sembra siano diventati, per le seconde e terze generazioni un po' anche i caratteri essenziali della propria "italianità", rivisitati e corretti. A breve mi guarderò "Caffé Italia Montréal", il film di cui parlavo prima, e poi mi cercherò qualche autore italo-canadese per approfondire l'argomento.

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